lunedì 22 agosto 2022

Storia di un nuovo Inizio - 1a parte


Questo è un racconto diviso in tre parti scritto nel 2019, ad un anno dall’apertura della scuderia. L’ho lasciato così, senza modificarlo, ma ho aggiunto delle note a margine, perché rileggerlo dopo questi anni mi ha fatto pensare. Se volete ripercorrere un pezzo di strada insieme a me siete i benvenuti, buona lettura!




17 Aprile 2019 - 1a parte
“Ho trovato un posto” ti avevo comunicato telefonandoti ad inizio aprile del 2018. “Secondo me è perfetto, questa volta non mi sbaglio, ha tutto, la casa, pure il maneggio coperto, è centrale, raggiungibile. Domani chiamo. Fidati, questa volta è quello giusto!”
“Sì… certo” mi avevi risposto, con il pessimismo che ormai, dopo i miei recenti fallimenti, avevi collezionato. Ma tanto sapevi che sa avevo deciso così, sarei andato fino in fondo a costo di prendermi un altro enorme calcio nel sedere. Sono fatto così. Un po’ sono cambiato, forse adesso ragiono di più. Ma tendenzialmente mi butto nelle cose a capofitto, e anziché pensare e mettere sulla bilancia le situazioni, vado dritto e sfondo i muri con la testa. Questo mio atteggiamento distruttivo aveva fatto sì che le precedenti esperienze lavorative in proprio si rivelassero dei completi fallimenti, non perché non funzionassero, ma perché non avevo valutato con attenzione le circostanze e i risvolti in futuro. Affrontare i percorsi con calma è una cosa che ho imparato a fare solo ultimamente.
E infatti il giorno dopo avevo chiamato. Mi ero preparato tutto quello che volevo dire nella mia testa, avevo scelto una postazione comoda e mi ero fatto coraggio. Quando chiami per queste cose vuoi cercare di fare una buona impressione, di parlare con una voce seria, di non balbettare, di non passare per il ragazzino di turno. Ma io lo ero, inutile nasconderlo. La scuderia era in affitto e quindi avevo preso appuntamento da lì a pochi giorni per andare a visionare il tutto.
Ma io non avevo resistito, e la sera stessa, accompagnato da una mia allora amica che quando c’era da fare qualche cafonata si rendeva sempre disponibile, eravamo andati in avanscoperta per iniziare a dare un’occhiata. Azzardando atletici tentativi per scavalcare la staccionata -che mi piacerebbe aver documentato- finalmente eravamo dentro. Davanti a me un enorme disastro! Cinque soli box in muratura mezzi distrutti, erbacce ovunque, immondizia in ogni angolo. In lontananza dei box da concorso mal ridotti, pronti per essere smontati e portati via.
Mettici l’ottimismo di chi sapeva che quella forse era l’ultima spiaggia, o forse perché ero davvero disperato, ma a me piaceva, e provavo ad osservare tutto con occhi diversi.
Così mi ero presentato all’appuntamento pochi giorni dopo. Facendo un giro con il geometra che si occupava dell’immobile, ero ancora più perplesso dalla quantità di lavori che ci sarebbero stati da fare. Ma il tempo stringeva, e le soluzioni davanti a me erano solamente due: o prendere quella scuderia e sperare in un grandissimo miracolo, oppure abbandonare l’idea di continuare con la mia attività, trovando anche una sistemazione per tutti i cavalli che avevo in quel momento. Del resto però non volevo più scendere a compromessi di nessun tipo con nessuno. O casa mia, o niente. O un posto dove finalmente dovevo solo più rendere conto a me stesso, o altrimenti basta. Basta con tutto, non ne volevo più sapere.
I giorni seguenti erano stati un vero inferno: ero stato in ballo due settimane senza sapere chi alla fine avrebbe ottenuto l’immobile, perché ero io a contendermela con qualcun altro. Io inoltre potevo offrire una cifra inferiore di affitto, e avevo chiesto delle condizioni agevolate almeno per i primi mesi in vista dei lavori di un certa entità che c’erano da svolgere, quindi partivo decisamente svantaggiato. Ricordo come se fosse ieri di aver tirato fuori tutte le carte che potevo giocarmi, fra cui il mio bel faccino sbarbato da ragazzo innocente, una scuola pony numerosa che non poteva rimanere abbandonata a se stessa e per ultima perché sempre un po’ pericolosa, la mia giovane età, la voglia di mettermi in gioco e la promessa ai proprietari, ormai delusi dai precedenti affittuari, che avrei fatto rinascere quel posto a loro caro.
Perplessi ma allo stesso tempo speranzosi nei confronti della mia buona volontà e dei miei ventitré anni, a poche settimane dalla fine di aprile era arrivata la risposta: “i proprietari hanno accettato la tua proposta, ci vediamo in cascina per concludere il tutto e firmare il contratto”.
Non sapevo se mi ero infilato in un guaio, in una casino più grande di me. Non sapevo se ce l’avrei fatta, se sarei finito a gambe all’aria nel giro di un mese. Ma forse l’incoscienza dei ventitré anni serve proprio a questo, a non farti pensare troppo.

Quello che sapevo è che stava iniziando un nuovo viaggio e riuscire a far funzionare tutto era la mia unica priorità.

[continua…]

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